Diario di Giorgia da Addis Ababa

dove è andata come collaboratrice del CIAI (una Organizzazione Non Governativa).

Nota: tutto il materiale pubblicato qui deriva da email destinate originariamente alla famiglia e agli amici. L'ortografia ne risente ;)

Puntate:

Carissime anime lontane ma sempre vicine..

So che sono scomparsa per molto tempo e molti di voi mi avranno data per dispersa ma posso rassicurarvi: non sono stata mangiata da un leone e nemmeno da un ippopotamo!

Sono solo stata travolta da un nuovo uragano chiamato.. Circo!!

Ebbene si, dopo più di due anni e mezzo di lavoro a stretto contatto con famiglie devastate e ragazzi/e di strada (non vi nascondo che cominciavo ad esaurire le mie energie), mi è stata assegnata una nuova missione: sviluppare un circo formato da giovani artisti di strada.. molto squattrinati ma davvero mooolto capaci e motivati!

Come alcuni di voi potranno immaginare, questo nuovo progetto si addice perfettamente alla mia personalità..

Mia zia quando ero piccola mi diceva sempre "tu staresti bene in un circo".. e mi ricordo qualcuno un giorno mi disse: "stare insieme a te è come vivere in un circo"...

Ebbene, adesso più che mai posso dire di esserci per davvero!

Questo nuovo incarico mi ha davvero rigenerata.. mi sento di nuovo la carica che avevo appena arrivata. Non c’è nulla di più bello al mondo di vedere tanta gente ridere di fronte a un gruppo di giovani artisti, acrobati, giocolieri-teatranti.

Per cui lavoro più che mai.. giorno e notte.. notte e giorno.. e per questo progetto sono disposta a dare fino all’ultima goccia di sangue.. e ringrazio, non so bene se il CIAI, la mia capa o semplicemente il destino, per avermi affidato questa nuova entusiasmante challenge!

E’ giunta per cui finalmente l’ora di riaccendere l’antenna per raccontarvi un’esperienza unica che ho appena avuto la fortuna di vivere.

Il 4 di agosto infatti, siamo partiti alle 4 di mattina (io e 8 membri del Fekat Circus) in destinazione di Awassa.. una cittadina a 250Km a Sud di Addis Abeba dove abbiamo lavorato per una settimana con un altro gruppo di artisti etiopi ed un esperto americano in “theatre for social changes” per preparare uno spettacolo misto di circo e teatro. Grazie al circo difatti si riesce ad attrarre la gente e la loro attenzione, mentre attraverso il teatro si possono trasmettere messaggi sociali.

La finalità del nostro spettacolo era quindi quella di aumentare l’attenzione ed il rispetto verso i bambini. Nelle campagne Etiopi, difatti, i bambini vengono spesso maltrattati e sfruttati per svolgere i lavori più duri.

Al termine dei 7 giorni di workshop, i due gruppi (composti da 27 giovani artisti) sono partiti con un autobus verso l’Omo Valley.. una delle regioni più belle ma anche sperdute dell’Etiopia.. dove le istituzioni sono praticamente assenti e la popolazione vive ancora come si viveva mille anni fa: senza acqua, elettricità, scuole ed ospedali.

La tournée è durata 7 giorni e stimiamo che circa 10.000 persone hanno assistito ai sei spettacoli fatti.

La tourné in pratica? Sveglia ogni giorno alle 5:00 di mattina, poi dalle sei alle otto ore di autobus.. 35 cristiani-ortodossi ammassati in un autobus di soli 24 posti.. sotto il sole.. e in sette giorni, non ho avuto modo di sentire nemmeno il sussuro di un lamento.

Si arriva nei villaggi, si smonta il materiale dall’autobus, si prepara il palcoscenico e si parte con lo spettacolo di durata 55 minuti.. dopo di ché si scherza, si abbraccia il pubblico.. si rimonta il tutto sull’autobus e si riparte!

Per i ragazzi, così come per me, è stata un’esperienza davvero indimenticabile..

Hanno imparato a trasformare i loro spettacoli circensi in veri e propri spettacoli educativi, con una funzione quindi sociale e non più solo di entertainment..

Hanno scoperto il valore della cooperazione (i due gruppi circensi si sono difatti fusi in maniera formidabile) e capito quanto sia più ricca una cosa se fatta in due, piuttosto che soli..

ma soprattutto, hanno scoperto la bellezza della diverse etnie che coesistono all’interno del loro paese..

hanno imparato ad amare l’Etiopia ed ora non sognano più di andare in America o in Europa.. ma di lavorare qui, per aiutare la propria gente!

E per quanto mi riguarda.. non poteva esserci risultato più prezioso

Anche gli spettatori hanno chiaramente tratto profitto da quest’esperienza.. perché dai loro sguardi si capiva che non avevano mai avuto l’opportunità di assistere a qualcosa del genere prima. E dopo ogni spettacolo, il pubblico ricopriva i nostri giovani artisti di regali.. in segno di gratitudine e apprezzamento del loro lavoro.

Al termine di ogni spettacolo poi, grazie alla collaborazione di interpreti locali, abbiamo potuto condurre delle semplici ma utili discussioni. E, grazie a queste, abbiamo potuto constatare che il messaggio che intendevamo trasmettere è effettivamente passato.

Il tour si è concluso con uno spettacolo finale all’Hager Feker Theatre, uno dei teatri più antichi e prestigiosi di Addis Abeba. La platea ha applauso entusiasta al termine dello spettacolo, abbiamo invitato 500 piccoli provenienti da una decina di orfanotrofi, personalità politiche ed istituzionali e grazie alle donazioni del pubblico siamo riusciti a coprire le spese di affitto del teatro.

Ora, speriamo riuscire a ripetere un giorno quest’esperienza in altre regioni dell’Etiopia..

Prima dell’anno prossimo ci piacerebbe ritornare nell’Omo Valley per rinfrescare la memoria ai nostri spettatori e raccogliere i frutti dei semi seminati.

Se per caso qualcuno vorrà supportarci nel coprire parte dei costi (quest'anno ho usato parte dei miei risparmi e delle donazioni fatte da Matteo e Pinky che ringrazio calorosamente!).. sapete che noi non ci tiriamo di certo indietro!

Nel frattempo.. siamo già pronti per la prossima partenza: il 31 agosto difatti si parte nuovamente.. destinazione Nairobi, per un esperienza di crescita e scambio con un’altra giovane associazione di artisti Kenioti. Viaggeremo con i mezzi pubblici. Se tutto va bene si prevedono quattro giorni non stop di autobus.. e probabilmente quando vedremo i grattacieli di Nairobi ci sembreranno un miraggio!

Sulla strada, non perderemo l’occasione di fare spettacoli e diffondere messaggi di pace e rispetto.. e al ritorno ad Addis, saremo carichi per cominciare un nuovo anno pieno di nuove attività!

Bene.. anime lontane ma sempre vicini.. per ora credo sia tutto..

Auguro a tutti voi un buon inizio autunno.. pieno di luce e amore!

Da Addis Abeba.. passo e chiudo..

Da una giorgia più luminosa che mai!

Diaro del viaggio a Lalibela (in formato pdf)

Se è vero che i pianeti influenzano in qualche modo noi umani... vuol dire la settimana tra l'11 ed il 18 giugno qualche oscuro pianeta era nella nostra costellazione..

Quella settimana infatti è stata una tombola di eventi e catastrofi che vorrei condividere con voi tutti, non per auto commiserarmi ma perché spero che vederli scritti bianco su nero possa aiutarmi ad ingoiare il boccone ..


Allora, tutto comincia lunedì 11.. appena metto piede in ufficio mi dicono che nella notte è scappata E., una ragazza di 15 anni che fa parte del progetto Shelter (quello finalizzato alla riabilitazione di ex ragazzi/e di strada). Ha cercato di coinvolgere altre ragazze più giovani nella fuga ma fortunatamente non le hanno dato retta. Non si sa dove e con chi sia ma, conoscendola, temiamo sia stata manipolata da qualche malintenzionato.

E' da due anni e mezzo che seguiamo E., a scuola è una delle più brave della classe. Le violenze sessuali che ha subito da piccola l'hanno però fatta crescere prima del tempo ed hanno fatto si che ora E. conosca solo un modo di relazionarsi con il genere maschile… ed alcuni membri del genere maschile purtroppo non aspettano altro di incontrare ragazzine come queste.

La pancia mi si stringe, fa rabbia vedere una ragazza con tante potenzialità buttarsi via, ma ci sono tutti gli altri bambini e ragazzi/e a cui pensare. In ogni modo, non è utile andarla a cercare se poi bisogna tirarla per i capelli. Meglio aspettare che torni con le sue gambe una volta che ha deciso quale vita vuole.

Si continua.

Nel pomeriggio mi chiama in lacrime Saron, la ragazza delle pulizie di casa mia: ha litigato con il guardiano e dice che lui l'ha picchiata. Dovete sapere che Saron è scappata a 20 anni dal suo paese d'origine perché non voleva fare il servizio militare (obbligatorio). L'unica cosa che rimpiange è aver lasciato la madre sola. Adesso Saron ha 22 anni, è fortissima ma è pur sempre una ragazza sola in un paese straniero.

Shemsu (il guardiano), invece, è arrivato ad Addis Abeba qualche anno fa alla ricerca di un lavoro perché in campagna non riusciva a sfamare la famiglia. Dopo un po però la moglie si è stufata di vivere sola in una capanna nel nulla ed è scappata lasciando la figlia a casa della nonna.

Shemsu è probabilmente uno degli uomini più timidi e paurosi di questo paese (la persona ideale per fare il guardiano insomma) e faccio fatica a credere che abbia alzato le mani su Saron. Mi è difficile però verificarlo visto che non parla inglese ed anche il suo amarico è molto particolare perché viene da un paesino del nord e quindi, anche quel poco che potrei capire, non lo capisco lo stesso. A volte è davvero frustrante non poter comunicare con i propri simili.

Calmo Saron e le dico che mercoledì mattina la aspetto a casa per cercare di sistemare le cose.


Martedì non sono ancora entrata in ufficio quando mi dicono che hanno appena telefonato le nostre ragazze dello Shelter dicendo che E. è a casa e sta recuperando le sue cose. Saltiamo in macchina ma quando arriviamo ci indicano la strada dove è appena corsa via.. percorriamo a tappeto le stradine del quartiere ma non la troviamo.

Torniamo dalle altre ragazze per cercare di calmarle, sono tutte agitate per il passaggio di E. Eventi di questo tipo rischiano di mandare a rotoli gli anni di lavoro fatti con queste ragazze.

Quando torno in ufficio trovo nella sala di attesa la mamma di uno dei nostri beneficiari del programma di sostegno a distanza. Ha la parte sinistra del viso gonfia, la facciamo accomodare e lei, senza bisogno di dire una parola, comincia a sfogarsi. Il marito ubriaco l'ha picchiata e buttata fuori casa. Il figlio di 14 anni qualche settimana fa le aveva già detto "...meglio vivere per strada che continuare a vivere con lui".

Hanno dormito per qualche giorno dai vicini ed ora vuole ricominciare tutto da capo, trovarsi un lavoro ed una casa. Ci convince, penso che con una piccola spinta potrebbe farcela. Bisogna restare ottimisti.


Mercoledì mattina, rimango a casa per cercare di capire cosa è successo tra il guardiano e Saron. Viene ad aiutarmi per l'opera di mediazione la nonna della mia coinquilina che parla amarico e conosce bene il guardiano.

Saron ammette di non essere stata picchiata, non sopporta il guardiano e nemmeno la propria vita per cui, dopo aver trovato una soluzione, parliamo per due ore della sua vita e del suo futuro. In fondo il mio principale lavoro consiste nel dare speranza alla gente.

Nel tardo pomeriggio arriva in ufficio Terourk, l'educatrice dello Shelter, nella mattinata aveva portato una delle nostre bambine a visitare la madre. Quando hanno bussato alla porta nessuno ha risposto ed i vicini le hanno detto che la donna era stata ricoverata nel centro di Madre Teresa di Calcutta (un enorme struttura che raccoglie centinaia di poveri in fin di vita). Si sono recate allora da Madre Teresa ma è come se la madre di M. sia stata inghiottita nel nulla: il suo nome appare nel registro delle accettazioni, ma non nella lista dei degenti, né dei dimessi, né dei deceduti. M. ha allora detto all'educatrice che se non avesse scoperto che cosa era successo a sua madre, si sarebbe ammazzata.

Dovete sapere che M. è stata abbandonata quando aveva 6 anni da una ragazza madre. Ora ha 11 anni ed è una bambina molto vivace. La madre si era fatta viva qualche tempo fa e M. aveva incominciato ad andarla a trovare una volta al mese. Dopo il loro rincontro M. è cambiata molto, in meglio. Probabilmente ha capito perché è stata abbandonata e sembra così ingiusto adesso veder questo rapporto rispezzarsi.

Attraverso una catena di telefonate riesco a parlare con una dottoressa italiana che lavora presso Madre Teresa e riesce a fissarmi un appuntamento per domenica con la suora responsabile del reparto tubercolotici dove è stata registrata l'accettazione della madre di M. Domenica cercheremo di capire cosa è successo.


Giovedì per fortuna nulla di tragico.


Venerdì mattina entra in ufficio uno dei nostri ragazzi che è tornato a vivere da poco con il padre. B. ha lo sguardo triste e ci racconta che a casa le cose non stanno andando bene. Ci confessa che il padre beve molto e ci chiede aiuto, spera che un nostro intervento possa aiutare il padre a smettere. Purtroppo la realtà è che il padre è un uomo di 65 anni, alcolizzato, che non ha manifestato nessun desiderio di cambiamento per cui qualsiasi intervento sarebbe destinato al fallimento. Lo spieghiamo a B. e gli consigliamo di pensare al suo futuro e concentrarsi su se stesso.

B. era scappato di casa quando aveva 13 anni perché il padre era un alcolizzato e lo picchiava. Dopo aver trascorso qualche giorno per strada, B. era andato a bussare alla porta del carcere minorile che lo aveva accolto e poi segnalato a noi.

B. è rimasto 3 anni nel nostro progetto Shelter e poi, lo scorso gennaio, il padre è riapparso perché era morta la moglie e rivoleva B. a casa. Eravamo coscienti che il padre non si fosse mosso per puro amore verso il figlio ma non potevamo di certo opporci e B., malgrado i nostri avvertimenti, non desiderava altro.


Sabato mattina ho accompagnato i nostri ragazzi del circo a fare uno spettacolo nella villa superlussuosa dell'Ambasciatore del Benin. Ho sempre pensato che non sia giusto coprirsi gli occhi con fette di salame ma a volte, cambiando prospettiva, cambiano anche le nostre certezze.

E' così vergognosa la disparità che esiste qui tra ricchi e poveri che quasi non so dove posare lo sguardo quando vedo i miei ragazzi osservare increduli il giardino dell'Ambasciatore coperto di erbetta verde, statue e una piscina circondata da stupidi angioletti che sputano acqua. E' la festa di compleanno del figlio dell'Ambasciatore, compie 3 anni, è seduto su un mini-trono costruito per l'occasione e porta una corona in testa. Tutti gli altri bambini hanno i cappellini di carta e ci sono palloncini colorati ovunque.

Nessuno dei miei ragazzi conosce con esattezza la propria data di nascita né ha mai festeggiato il proprio compleanno. Mi chiedo cosa gli passi per la mente in questo momento... penseranno "ma quanto sono strani questi stranieri" oppure "come avrei voluto nascere in un famiglia diversa dalla mia"? Mi uccide l'idea che possano sorgere in loro ulteriori frustrazioni...

Nel pomeriggio mi chiama Terourk (l'educatrice) dicendomi che una delle ragazze dello Shelter ha avuto una crisi, non si sa se epilettica o isterica, e mi chiede cosa fare. La raggiungo e decidiamo di portarla da uno psichiatra etiope, in una clinica privata. Aspettiamo un'ora nella sala di attesa piena di ansimanti, dopo 15 minuti di colloquio con la ragazza lo psichiatra prescrive una lista della spesa di medicinali. La tattica dei dottori africani consiste nel "più prescrivi, meglio è... perché hai più possibilità di azzeccare il farmaco giusto". Mi oppongo diplomaticamente, ho sentito di troppe persone morte a causa di medicinali sbagliati e lui ripensandoci, rimanda il tutto a dopo la tac.

Di notte però non riesco ad addormentarmi, mi chiedo se ho fatto bene a contraddire il dottore che aveva perfino ipotizzato il rischio di suicidio.

Per fortuna però non succede nulla e il sole sorge tranquillo.


Domenica mattina vado con l'educatrice da Madre Teresa alla ricerca della madre di M., il cielo è coperto da nuvole grigie e fa fresco.

Rimaniamo per un po' in coda, in mezzo a malati e parenti con sacchetti di frutta ma quando arriva il nostro turno il guardiano con la divisa blu non ci ascolta nemmeno e non ci fa entrare perché non abbiamo il tesserino dei parenti. Ci proviamo allora dalla porta di dietro e siamo più fortunate, c'è la suora che giovedì ha aiutato l'educatrice a cercare il nome della madre di M. tra i registri.

Ci lascia entrare e con lei attraversiamo diversi padiglioni per raggiungere il reparto femminile tubercolosi. Si sentono urla angoscianti e si vedono persone sdraiate sui letti, sedute per terra nei cortili con gravi deformazioni e infezioni. Quando incroci il loro sguardo, ti dici che la cosa migliore è fare un sorriso ma poi ti senti stupida quando vedi che questo non provoca nessuna reazione.

Rispetto profondamente il lavoro di queste suore, se non ci fossero i poveri di Addis morirebbero sdraiati sull'asfalto, ma ho la spiacevole sensazione di essere come in una fabbrica di preparazione alla morte. E' tutto pulito e dignitoso, ci sono almeno un centinaio di donne che lavorano nel centro, per pulire, cibare e curare i pazienti, ma questo non basta per alleggerire l'aria. La metà delle persone che entrano da Madre Teresa muoiono e la metà restante vede i vicini di letto morire.

Arriviamo nel padiglione TB, ci sono quattro stanzoni pieni di letti con le coperte a scacchi rosa e verdi. Passiamo tra i pazienti con la foto della madre di M., un paio di donne la riconoscono e ci dicono che è morta di notte, dopo qualche giorno dal suo ingresso.

Cerchiamo allora tra i certificati di decesso rilasciati alle suore dalla municipalità (quando passano a raccogliere i corpi) ma nulla da fare. La suora allora ammette che non sempre riescono a registrare tutti i decessi e ci consiglia di dire alla bambina che la madre è morta ed è quello che probabilmente saremo obbligate a fare.

Il codice deontologico mi vieterebbe questa scelta (quella di mentire) ma, come detto prima, principi e certezze possono venir meno quando ci si trova di fronte a situazioni del genere, situazioni in cui non ci si troverebbe probabilmente in occidente. Ogni principio deve essere contestualizzato. Penso a M. e credo che per lei sia meno faticoso vivere con i ricordi degli ultimi begli incontri che nell'angoscia del dubbio.

Sono tornata a casa, mi sono sdraiata in giardino cercando di liberarmi da tutti i pensieri ed emozioni... il vuoto ho scoperto essere una buona medicina. Niente libri, niente film, niente musica, niente parole, niente input. Soli con il proprio respiro. La mente si rilassa e il corpo si ricarica.

E così è terminata la fatidica settimana. Fortunatamente non sono tutte così ma mi piace pensare che settimane come queste mi aiutano, oltre ad una precoce perdita di capelli, a crescere come non mai. Le accolgo come una sfida.

Del resto... "If it doesn't kill you.. it makes you stronger!", non siete d'accordo?

G.G.

Cari fratelli, sorelle, cognatine, zii e cugini,

visto che e' tanto tempo che non vi sento credo sia giunto il doveroso momento di rimetterci in contatto..

in questo periodo poi la mia vita sta prendendo una piacevole svolta.. nel senso che mi sento crescere forte e sempre piu' solida.. sono felice.. per cui ho voglia di comunicarvi questo mio stato d'essere..

il lavoro prosegue con i suoi alti e bassi.. nel senso che sono felice di quello che sto facendo ma un giorno ci tagliano l'elettricita'.. un'altro veniamo infettati un virus che ci blocca i computer.. quando dai un appuntamento hai 50% delle possibilita' che la persona si presenti.. i ragazzi un giorno sono bravi e un altro ne combinano di tutti i colori..

e tutti questi fattori fanno si che ogni tanto ti incazzi o ti deprimi perche' vedi le cose avanzare molto lentamente..

ma poi cerchi di relativizzare.. qui siamo in africa.. tutto e' piu' lento.. e siamo noi "farengi" (stranieri) a vivere la vita con questo affanno.. per cui chill down.. and take it easy!

dall'altro lato poi succede che ho fatto uno di quegli incontri che ti cambia la vita.. ho conosciuto un clown quarantenne spagnolo che da sei anni sta girando il mondo in bicicletta.. ed in altri 6 anni intende completare il giro del mondo..

l'abbiamo incontrato un po' per caso.. ce l'ha presentato un'amica spagnola perche' sapeva che avevamo un circo.. poi succede che lui incontra i nostri ragazzi del circo.. si innamora di loro come tutti. .e decide di fermarsi ad Addis per fargli un corso di 150 euro che il CIAI ha gentilemente accettato di sponsorizzare...

in questo mese ho avuto modo di conoscerlo meglio ed ho capito quanto sono stata fortunata ad averlo incontrato.. uno di quegi incontri che ti cambia e ti apre la mente..

quando giro per la citta' con lui, ogni persona che incontriamo e' un evento speciale..

Alvaro mi ha insegnato che la vita e' corta.. dobbiamo approfittare di ogni secondo.. per raccogliere le cose belle che ci circondano..

possiamo far ridere ogni persona che incontriamo.. ed il sorriso di questa fa star bene anche noi!

il mondo poi e' grande ed ho deciso di cercare di vederne il piu' possibile..

perche' in ogni parte del mondo ci sono cose nuove da imparare.. e fermarsi nello stesso posto per troppo a lungo mi sembra uno spreco.. perche' ci sono troppe cose da vedere in questo mondo..

se vi interessa sapere qualcosa di piu' del personaggio.. andate a visitare il suo sito www.biciclown.com gran parte e' in spagnolo ma c'e' qualcosa di tradotto in inglese.

se andate a vedere uno degli ultimi articoli che ha scritto poi, vedrete che parla di me e di una mia amica ed ha messo anche una nostra foto mentre mangiavamo in un ristorantino locale a basso prezzo.. eravamo capitati li' per caso.. non c'era nessuno dentro.. e dopo mangiato le tre proprietarie, tre signore cinquantenni, hanno spento le luci, hanno messo un po' di musica tradizionale ed abbiamo cominciato a ballare tra donne.. per il puro piacere di ballare.. il balllo si e' trsformato come spesso accade in un modo di comunicare.. e quello che ho percepito era puro piacere per la vita ed amore per il prossimo..

sempre di piu' capisco la canzone di bob marley "one love" (e qui mi raccomando greta non cominciare a vomitare per il troppo sdolciume)..

oggi invece la giornata e' incominciata alla prigione minorile, dove sto seguendo le attivita' ricreative che il CIAI sta implementando per i ragazzi/e ospiti della prigione.. e poi sono andata alla discarica della spazzatura di Addis.. ero curiosa di vedere com'era, come viveva la gente che lavora e vive li, proprio come avevo fatto in Cambogia..

ebbene le montagne di spazzatura sono simili (anche se meno puzzolenti rispetto alla Cambogia visto che non fa cosi' caldo) ed anche l'immagine delle persone che frugano chinate sotto le ruspe sono simili..

sono andata insieme ad uno dei nostri ex ragazzi di strada che adesso e' stato assunto dal CIAI e come sempre sono rimasta stupefatta dalla serenita' delle persone che ci lavorano.. siamo stati circondati da dei bei volti "sani" e sorridenti.. c'erano ragazzi nati e cresciuti nella discarica, che non si sono mai mossi da li.. non hanno neanche una casa e vivono sotto teli di plastica..

per rispetto di tutte queste persone quindi.. vorrei ricordare a tutti che in qualche modo non abbiamo il diritto di essere depressi o insofferenti verso la vita..

anche se una macchina o una connessione ad internet non fanno la felicita'!

Un abbraccio forte forte a tutti voi carissimi

Da Addis e' tutto.. e spero avere vostre notizie presto!

un abbraccione one one

Giorgia

Carissimi,

è talmente tanto che non mi faccio sentire che non so bene da dove cominciare..

dovrei essere piena di cose da raccontarvi ed invece è da un'ora che guardo lo schermo e non riesco ad iniziare questa mail..

un po' perché mi sento in colpa per essere sparita e, a dir la verità, un po' anche perché si comincia a sentire qualche fatica.. ma non vi preoccupate, sto bene e continuo a ritenermi la persona più felice al mondo per aver la fortuna di essere qui!

E' solo che sono qui da ormai più di 6 mesi e comincio solo ad essere un po' stanca perché il lavoro è sempre tantissimo, troppo e bisogna darsi un gran da fare prima di poter vedere dei risultati perché a volte si sbaglia, perché ci sono tanti ostacoli e perché i ritmi locali sono estremamente lenti..

sto quindi cercando di imparare ad essere paziente, che come saprete non è mai stata una mia dote!

Per farvi un esempio, quando si incontra una persona o si telefona a qualcuno prima di poter cominciare a parlare bisogna dedicare i primi cinque minuti ai saluti e continuare a ripetersi a vicenda "pace, come sta?" - "pace, bene grazie a Dio e lei come sta?" – "Bene, ringrazio Dio, e lei come sta" – "Bene, bene e lei come sta?" – e si va avanti così per almeno 5 minuti.

Dire che gli etiopi sono formali non è abbastanza!

Da un mese poi è cominciata la stagione delle pioggie e la città si è completamente trasformata.. ha cambiato colori ed odori.. piove ogni giorno più volte al giorno.. e che pioggia!! sembra che le nuvole buttino giù secchiate di acqua!

La pioggia porta in giro per la città di tutto e visto che la maggior parte delle strade non è asfaltata si cammina costantemente in un fiume di fango. I tuoni sono davvero forti.. spaccano i timpani e fanno vibrare tutto.. La tragedia è per la povera gente che vive per strada. Oltre alla pioggia, difatti è arrivato anche un gran freddo. Non immaginavo che in Africa potesse fare così freddo.. quando sono in casa ferma, oltre al maglione, devo mettermi una giacca perché i riscaldamenti ancora non esistono.

I poveretti per strada invece, si coprono con il "gabbi" (la coperta di lana tradizionale) ma quando piove non hanno scampo.. si formano fiumi e laghi ovunque (non esiste ancora un sistema fognario) e non ci sono molti posti sotto cui andarsi a riparare (niente metropolitana, niente portici..). Di notte, dormono sui marciapiedi coprendosi con teli di plastica ma dubito che sia sufficiente per isolarsi dai 15 centimetri di acqua che li circonda..

Quotidiana sofferenza e sopravvivenza umana.

Ora non vorrei deprimervi troppo.. ma vi vorrei raccontare del funerale a cui ho partecipato il mese scorso. Si trattava del funerale della madre di uno dei nostri ragazzi. Al cimitero c'erano almeno duecento persone. Tutti rigorosamente vestiti di bianco e tutti e duecento urlanti e piangenti. Difficile riuscire a descrivere quello che si prova quando si è schiacciati in una folla piangente.. innanzitutto si comincia a provare il dolore altrui, come se la persona morta fosse nostro fratello, e si cominciano a scendere lacrime a catinelle.

A quanto pare poi piangere in queste situazioni è un dovere. Non partecipare alla sofferenza dei parenti piangendo sarebbe maleducazione ed in ogni modo, vi assicuro che è impossibile non farlo. Il pianto è come la risata, contagiosa.

Dopo il cimitero poi si va tutti a casa del defunto e si mangia tutti assieme.

Per 4 o 5 giorni poi le persone più care continuano a stare giorno e notte con i parenti del defunto, di solito viene montata una tenda dove si dorme e mangia assieme e dove passano a rendere visita ripetutamente tutti i conoscenti.

Anch'io sono tornata nei giorni successivi e quasi ho incominciato quasi a divertirmi nel vedere queste signore che arrivavano nel tendone, si sedevano e cominciavano a piangere e urlare per dieci minuti poi smettevano, si alzavano e se ne andavano. Ho capito il lato teatrale della faccenda. Resta però molto interessante scoprire quanto supporto dia la comunità. C'è chi cucina, chi va a fare la spesa, chi si occupa di tutte le questioni organizzative (anche le spese del funerale vengono coperte dalla comunità grazie ai contributi che ogni nucleo versa mensilmente in un fondo comune) e poi soprattutto, chi trascorre le giornate e le notti insieme ai famigliari in lutto, dormendo tutti assieme sulle panchine di legno.

Conclusione. Se da un lato è vero che gli africani dovrebbero imparare ad essere più puntuali ed affidabili (non si contano gli appuntamenti e le riunioni in cui mi hanno fatto buca), dall'altro noi occidentali abbiamo dimenticato cosa significhi essere "fratelli" ed essere vicini l'un l'altro. Non so quante persone in occidente riuscirebbero a trascorrere quatto giorni e notti insieme ai propri famigliari e vicini di casa, è già tanto se ci si saluta la mattina quando ci si incontra in ascensore o sulle scale. Umanità.

Per quanto riguarda invece i miei bellissimi bimbi, da due settimane sono incominciate le vacanze scolastiche ed abbiamo preparato un intenso programma estivo che prevede: arte, teatro, calcio, allenamenti di circo, classi di sostegno, discussioni di gruppo su diverse tematiche e corsi di educazione sanitaria.

Ormai i nostri ragazzi sono più impegnati del presidente della Repubblica! Per settembre poi dobbiamo preparare uno spettacolo teatrale sul tema dei bambini di strada (verso cui c'è un forte pregiudizio) che esibiremo all'aperto, una volta finita la stagione delle piogge, in diverse zone di Addis.

E poi, ci sono tantissime altre cose che sto seguendo e cercando di implementare ma questa volta vi risparmio da questi racconti.. anche perché questa settimana devo scrivere almeno tre rapporti per l'Italia, per cui, per non ripetere il lavoro.. a chi interessa sapere cosa sto combinando posso mandare copia del rapporto.

Last, but not least.. quest'anno, oltre a perdermi l'incontro della mia classe di liceo (che a settembre si riunirà in Toscana per riguardarsi in faccia dopo dieci anni.. sigh!) mi sono persa anche la vittoria dell'Italia della coppa mondiale di calcio..

A dir la verità, di questa secondo perdita non mi rattristo poi tanto.. visto che non sono una fanatica di calcio e visto che ho vissuto l'evento nel modo più originale possibile.. infatti, ho visto la partita a Mesquel square (la piazza principale di Addis) dove per l'occasione era stato montato uno schermo (non troppo gigante.. visto che al termine del secondo tempo eravamo convinti che l'Italia avesse vinto 2 a 1 !!). La piazza era completamente piena di macchine e gente dappertutto, chi arrampicato sui pali, chi sul tetto delle macchine..

Durante la partita capiamo che la maggior parte degli spettatori tifa per la Francia.. a quanto pare, non si è ancora ricucita la ferita dell'invasione fascista..

Alla fine del secondo tempo inizia a piovere a catinelle.. un tuono fa saltare l'elettricità.. la piazza diventa tutta buia ma lo schermo rimane acceso.. unica fonte di luce (probabilmente funzionava con un generatore).. alcuni scappano, noi come altri ci chiudiamo in macchina e cerchiamo di guardare la partita attraverso il vetro appannato.. ma gran parte della gente rimane dove è.. ad annaffiarsi.. quasi indisturbata dalla pioggia.. questi si che sono veri tifosi penso io!

Quando la partita finisce poi non si assiste a nessun boato o esplosione di gioia.. solo qualche macchina osa claxonare.. probabilmente la maggior parte degli italiani (che qui ad Addis sono davvero tanti) era a guardare la partita al "Juventus club".. il club degli italiani costruito da Mussolini, dove io rifiuto di mettere piede..

Poco più tardi si è vista passare qualche macchina con la bandiera italiana..

Io qui a volte quasi mi vergogno di dire che sono italiana.. ma immaginando il caos che ci doveva essere in Italia non abbiamo resistito e con degli amici abbiamo cominciato anche noi a scorazzare in macchina e strombazzare con il claxon.

Conclusione. La vita è davvero imprevedibile, ci si può ritrovare a fare delle cose che mai si avrebbe pensato di avere il coraggio di fare.

Bene, carissimi.. è giunta l'ora di salutarci.. spero i miei racconti siano stati all'altezza delle prime mail.. con il tempo si perde un po' di entusiasmo e gli occhi cominciano ad abituarsi a tutto.. per cui si fatica a trovare cose da raccontare.

Scusate poi se scrivo sempre mail collettive, ma se dovessi scrivere una mail individuale a tutti.. rischieremmo di non sentirci mai!

Mando a tutti un abbraccio forte forte..

Godetevi l'estate.. che poi quando arriverà l'inverno da voi.. qui sarà estate!! Ah! ah!

Mi mancate

G

PS. In allegato vi mando anche una foto aggiornata delle mie canagliette!

Endenané a tutti!!!

Scusate il lunghissimo silenzio.. ma vi assicuro che la causa di questo distacco non è stata la pigrizia ma il troppo lavoro! Il sabato e la domenica qui non esistono, o meglio, esistono consentono di fare tutte quelle cose che non si è riusciti a fare in settimana.

Il tempo qui ha tutta un'altra dimensione.. solo i saluti durano 10 minuti ogni mattina... poi quando bisogna prender una decisione, si comincia a parlare per ore e ore.. e ci si dilunga tanto che alla fine non ci si ricorda nemmeno più che cosa si doveva decidere!

Si aggiunga che da quando è partito il mio collega sto lavorando per due.. giusto per darvi un idea..

mi sto occupando: dell'amministrazione (in cui le fatture non quadrano mai, e quando quadrano si blocca il computer e bisogna ricominciare da capo con il file di excel); delle nuove attività che sto avviando nei progetti; delle famiglie dell'adozione; dei rapporti con le istituzioni (duranti i quali mi tocca bermi 25 thé o caffè al giorno, perché in ogni ufficio che passi te ne devono offrire uno); delle urgenze di casi disperati che arrivano (che chissà come mai arrivano sempre cinque minuti prima del termine della chiusura dell'ufficio); dei quattro corsi che stiamo preparando per il personale degli orfanotrofi; dei lavori della scuola che stiamo costruendo (che non avanzano mai perché i mattoni comprati sono storti, perché il prezzo del cemento è salito alle stelle in una sola settimana, perché il figlio dell'imprenditore ha la varicella o perché deve accompagnare il vicino dal cugino della sorella e così via..); dei ragazzi del circo che finalmente ieri sono partiti per Roma; del festival organizzato per premiare i ragazzi/e più studiosi sostenuti attraverso il sostegno a distanza e bla bla bla.. la lista potrebbe continuare, ma vorrei soffermarmi sui dettagli più interessanti.

Descrizioni sulla città ne ho purtroppo perché mi sono concentrata per l'appunto sul lavoro.. vi parlerò quindi prevalentemente di questo. Incomincio dalle famiglie dell'adozione visto che questa mattina ho assistito per la prima volta all'incontro genitori-bambino ed è stata davvero una bella esperienza! I poveri genitori, dopo due anni di burocrazia arrivano in questo paese, tutti tesi ed emozionati.. li si accompagna prima in albergo a depositare le valigie e poi si corre all'orfanotrofio dove Baraket, di un anno e mezzo, li aspetta, tutto pulito e con il vestitino bianco tradizionale.. la tata cerca di mollare il pupo in braccio ai genitori, ma niente da fare, il pupo piange a squarcia gola.. per fortuna i genitori sono pronti a questa eventualità.. tirano fuori qualche gioco, cominciano a giocherellare e dopo qualche istante Baraket si lascia conquistare.. la nuova mamma lo prende in braccio e il pupo si lascia fare.. i genitori si sciolgono, scende qualche lacrimuccia.. e il gioco è fatto.. a quanto pare basta poco per conquistarsi la fiducia di una creatura così piccola..

I genitori chiedono "..e adesso cosa facciamo?" Quasi non riescono a credere di essere diventati genitori in qualche istante.

In macchina Baraket si addormenta, la coppia lo guarda dormire esterrefatta. Mi dicono "quanto è bello!"... non ho ancora incontrato genitore adottivo che non mi dicesse questa frase.. a conferma del detto "ogni scarrafone è bello a mamma sua"!

Ieri invece sono partiti i ragazzi del nostro gruppo di acrobati e giocolieri (4) e altri 4 invece del Circo Ufficiale di Addis Ababa. Ho tribolato non poco con l'ambasciata italiana per farci rilasciare i visti (malgrado il gruppo sia stato ufficialmente invitato ad esibirsi dal Ministero degli Affari Esteri!!) ma ieri, scatenati come mai per l'eccitazione, li ho accompagnati in aeroporto e sono volati per la prima volta verso l'Italia. Si esibiranno venerdì sera (il 17) al teatro Vittoriano! A questo proposito sollecito i cugini e zii romani ad andarli a vedere.. mi sto informando per capire se si può entrare solo con invito. In ogni caso, vi faccio sapere domani! I ragazzi poi andranno anche a fare una registrazione negli studi di RAI 3, andranno in onda con la trasmissione "Alle falde del Kilimajaro". Vi farò sapere la data in cui verranno trasmessi!

Sabato scorso, invece, abbiamo organizzato un festival per premiare i bambini, sostenuti attraverso il Sostegno a distanza, che hanno ottenuti i migliori risultati nel primo semestre scolastico. Discorso di apertura, distribuzione dei premi, spettacolo del nostro circo, distribuzione di bibite e viveri dopodichè.. un ora di danze scatenate.. bambini, ragazzi, adulti e vecchi tutti assieme.. è stato bellissimo!! Solo musica tradizionale.. e tutte le vecchie che, probabilmente avendo notato la mia incapacità, mi circondavano e cercavano di insegnarmi i movimenti giusti. Il fatto è che la mia schiena è evidentemente in condizioni peggiori della loro e il giorno seguente mi sono ritrovata incriccata!! Le danze locali consistono infatti nella simulazione di una scossa elettrica che attraversa il corpo dal collo ai piedi.. le spalle poi dovrebbero continuare ripetutamente ad alzarsi..

E' stato bellissimo vedere queste signore anziane, con il loro bastone da S.Nicola e i tatuaggi in faccia, alzarsi, lentamente avvicinarsi alla pista da danza e poi una volta entrate.. muoversi come delle fanciulle... A volte anche per strada, magari davanti ad un negozio di CD, si vedono queste signore con i vestiti tipici della campagna, ballare davanti alle casse e sollevare le braccia all'aria.. quasi invocassero chissà chi.. non hanno nulla eppure se la godono come pazze a ballare!!

Per quanto riguarda il progetto che sto maggiormente seguendo, il progetto Shelter (quello che offre alloggio e un sostegno mensile a ragazzi/e di strada).. stiamo iniziando un sacco di nuove attività: dai colloqui di counseling per i ragazzi/e più turbati, che si portano delle difficili storie sulle spalle, al laboratorio artistico e quello di costumi per il circo.

Per quanto riguarda i pomeriggi ludici negli orfanotrofi, di cui vi avevo forse parlato, non ho ancora trovato il tempo di cominciare.. anche perché devo prima trovare un gruppo di volontari locali che mi segua.. ma resto sempre dell'idea che sia un'attività fondamentale.. essendo un attività che mi sono inventata io, il CIAI per quest'anno non ha un budget a disposizione.. per questo rilancio l'appello di disperazione.. anche per quanto riguarda il laboratorio artistico.. ho attivato il laboratorio giurando al CIAI che i fondi li avrei poi trovati io.. per cui, please.. HELP!!

A parte il lavoro, per non sembrare troppo noiosa.. mi viene in mente che due week-end fa sono riuscita a mettere il becco fuori da Addis.. ed ho finalmente avuto modo di ammirare la famosa Africa da televisione.. quella che si vede nei documentari di Quark.. quella fatta di distese secche e polverose.. con alberi a forma di ombrello.. che sembrano schiacciati dai raggi di sole..

In queste distese non c'è proprio niente.. la strada taglia in due il nulla..

Ogni tanto si vede qualche capanna di terra con il tetto di paglia.. a volte qualche persona che cammina, cammina.. e pensi ma da dove spunta.. ma soprattutto.. dove cavolo va?

Ero uscita da Addis con la scusa di andare a Shashamane, dove c'è la comunità di giamaicani, per vedere un concerto in onore del compleanno di Bob Marley... ma poi il concerto non c'è più stato perché la simpatica compagnia elettrica ha tagliato l'elettricità proprio qualche ora prima dell'inizio del concerto.. a quanto pare perché la comunità giamaicana non aveva chiesto il permesso al governo di organizzare il concerto. I giamaicani poi non si sono dimostrati molto accoglienti.. a quanto pare rivolgono la parola solo a chi è puro sangue giamaicano, e così la gita si è trasformata in una gita naturalistica. Sono andata a vedere il lago di Langano e di Awasa, dove c'è una folta fauna.. ho visto i babbuini e le cicogne, gli ippopotami purtroppo non si sono fatti vedere.. ma in compenso ho incontrato un sacco di scimmie.. saltavano da un albero all'altro come se avessero le ali.. erano vicino ad un ristorante, ed evidentemente erano abituate a stare vicino agli uomini perché sono riuscita ad avvicinarmi fino a un paio di metri.. e vederle mi ha ricordato quanto gli assomigliamo!! Erano bellissime, si spulciavano, si grattavano e mi guardavo con un espressione che sembrava dire "beh.. ma che c'hai da guardare? Non hai mai visto una scimmia?"

Poi ho visto un sacco di uccelli.. alcuni grandi quasi quanto un uomo!! Il ritorno verso Addis, con il tramonto è stato spettacolare.. un pallone arancione fuoco.. e le mandrie di mucche che alzavano la polvere in controluce.. niente a che fare con lo stile Malboro country però.. al tramonto, vicino alle case, si vedevano giovani e vecchi rannicchiati in cerchio.. e mi sarebbe tanto piaciuto fermarmi con loro.. se solo avessi potuto capire cosa si stavano raccontando!

Vorrei infine concludere con un incredibile incontro che ho fatto qui in Addis town.. qualche settimana fa, la sorella di una mia collega mi chiama e mi invita ad una cena con le sue colleghe.. lei è etiope ma insegna nella scuola italiana.. quando arrivo alla cena, mi apre la porta una signora.. ci stringiamo la mano e ci presentiamo.. appena pronuncio la parola "Giorgia", la signora fa un espressione tipo "ho visto un pesce che si azzannava un gatto", e dice "Giorgia?!!!! tu eri una mia allieva!!!".. io la guarda un po' stranita e le dico, "Guardi che io ho fatto le scuole in Belgio".. e lei mi dice "ed io sono Carla Giulietti, la tua maestra delle elementari!!" . Ci resto quasi secca anche io.. nel momento in cui pronuncia il suo nome, la riconosco!! Ci guardiamo ammutolite per qualche istante.. e poi cominciamo a raccontarci come abbiamo trascorso questi ultimi 20 anni!!

E' davvero pazzesco quanto sia piccolo il mondo!!

E con questo ultimo colpo di scena passo e chiudo.. mi auguro avervi fatto immergere per qualche istante nella grande Africa.. in allegato vi mando qualche immagine.. non posso eccedere a causa dei 31 bit di modem.. ma sappiate che aspetto sempre con ansia le vostre risposte!!

Un abbraccione forte forte a voi tutti...

G

Carissimi/e mamma e papà, amici e amiche, fratelli e sorelle, cognate, zii e zie, cugini o compagni...

Ben 10 giorni fa sono atterrata ad Addis Ababa.. e da allora non mi sono fermata un attimo davanti al mio bel computer per scrivervi perché troppo presa da questa nuova terra e dalla voglia di scoprirla.

Allora.. da dove cominciare?

Forse dal viaggio, nell'aereo più anarchico che io abbia mai visto.. sugli schermi dei televisori anni settanta appesi continuavano a partire e poi interrompersi pezzi di film diversi.. nessuno poi aveva rispettato la numerazione dei posti e a causa del massiccio rimpatrio per il Natale (che per il calendario copto è il 7 di gennaio) non c'era neanche un posto vuotoed ognuno si era portato a bordo almeno tre bagagli a mano più sacchetti, alberi di natale e animali vari.. insomma, in tutto l'aereo non c'era un centimetro cubo libero.. e sembrava di stare nell'Arca di Noé!

Quando sono atterrata ad Addis, alle sette di mattina (ora locale) c'era un gran sole che emanava però una luce diversa dalla nostra, si vedeva una grossa città disordinata (nel senso che le strade non formano nessuna forma regolare) circondata da colline e montagne color ocra e marrone.

Anche l'aeroporto ispirava anarchia totale.. ma dopo dieci giorni di Etiopia posso dire che questo paese è tutto tranne che anarchico.. tutto è severamente sotto controllo (del governo, non della gente purtroppo). Per ricevere un numero telefonico del cellulare, per esempio, bisogna fare richiesta agli uffici governativi, non basta andare in un negozio, e tutt'ora sono in attesa di riceverne uno.

Comunque.. Sulla strada dall'aeroporto all'ufficio sono stata colpita immediatamente dall'area irrespirabile, appena ho messo fuori la testa per "odorare gli attesi profumi della terra africana" mi sono beccata un bel nuvolone nero sputato dalla macchina che ci affiancava.. ma sono stata anche colpita dai vecchi con i capelli rasta lunghi fino alle ginocchia seduti sui marciapiedi.. e dagli ombrelli colorati e dorati che usano i religiosi per coprirsi dal sole.. non potevano mancare poi le immancabili donne, bambini e storpi mendicanti striscianti a tutti gli angoli delle strade.

Appena arrivata ho conosciuto lo staff ed è cominciata la prima giornata di lavoro.. nei giorni successivi l'ufficio è stato chiuso perle feste di Natale. Ne ho approfittato per girare per la città, che è davvero grande.. le strade principali sono asfaltate e sono le uniche a possedere un nome, tutte le altre invece sono di terra e sassi e non hanno nome. La piantina della città è quindi praticamente inutile. Per muoversi si usano i mini bus, dei pulmini da 12 posti che percorrono le vie principali. Un ragazzo di solito urla continuamente dalla finestra la destinazione e quando qualcuno per strada alza il braccio il camioncino si ferma per raccoglierlo. Quando invece si vuole scendere si bussa sul tetto e l'autista si ferma. Ogni tragitto costa 1 birr a testa, che equivale a 10 centesimi. A mia grande sorpresa questo sistema di trasporto e' funzionalissimo, perché non si aspetta mai più di qualche minuti prima di trovare il mini bus che porta alla propria destinazione.

La cosa più difficile per ora è riuscire a capire che destinazione urlano i ragazzini dal finestrino per riuscire ad acchiappare quello giusto.

Per quanto riguarda il lavoro, ho trascorso la prima settimana a visitare i nostri progetti e gli orfanotrofi in cui facciamo adozioni.. Purtroppo le condizioni dei bambini in questi orfanotrofi non sono granché.. a parte chiaramente la scarsa igiene dei bambini e delle strutture, il peggiore orfanotrofio che ho visto è stato quello per bambini sieropositivi.. c'erano un sacco di bambini eppure c'era un silenzio mortale. Oltre alla mancanza di personale, il poco che c'è non ha l'abitudine di giocare con i bambini o coccolarsi.. li veste e gli da mangiare. In questo orfanotrofio non ho visto un giocattolo, quando ho chiesto come mai, mi hanno mostrato uno sgabuzzino pieno di giocattoli ma hanno detto che non li tirano fuori se no i bambini litigano tra di loro e il personale non ha il tempo di seguirli!!

Come prima cosa, ho quindi pensato di dedicare ogni sabato o la domenica a questi bambini.. adesso sono alla ricerca di qualche studentessa locale disposta a fare un po' di volontariato ed aiutarmi ad organizzare dei pomeriggi ricreativi in questo orfanotrofio.. In secondo luogo, invece, comincerò aimé le lezioni di amarico visto che non riuscire a comunicare con i bambini è davvero frustrante..

Come se non bastasse poi, ho già cominciato delle lezioni di ginnastica acrobatica che vengono impartite da ex-ragazzi di strada che sono diventati degli acrobati professionali grazie al sostegno del CIAI.. direi un bel esempio di recupero!!

Già che ci sono, lancio subito l'appello carissimi per una raccolta fondi, scusate se chiedo sempre soldi ma quando si è qui.. non si riesce a non pensare a quante belle cose si potrebbero fare con pochi soldi.. Quindi ci provo subito, se poteste diffondere la voce tra, amici, colleghi, vicini.. perché vorrei comprare della pittura per dipingere le pareti dell'orfanotrofio dei bambini sieropositivi con tanti colori e disegni.. e poi perché vorrei portare i bambini dello shelter a fare una gita in qualche bel posto fuori Addis.

Il progetto "shelter" infatti è quello che più mi ha conquistata per ora, si tratta di ex-bambine/i di strada con delle storie difficilissime alle spalle, e che malgrado tutto, oggi riescono ad essere bambini sereni!! Il CIAI, a questi ragazze/i bambini/e paga l'affitto di una casa (in cui vivono a gruppi di tre o quattro) e le mantiene totalmente.

Per concludere, infine, posso dire che dopo la prima settimana sto cominciando ad ambientarmi, mi è ricresciuto il pelo sullo stomaco che, malgrado la Cambogia, si era accorciato in questo ultimo anno milanese.. e incomincio ad avere tante idee sulle cose da fare!!

Per ora credo sia tutti carissimi.. anche perché per allegarvi queste due foto credo ci impiegherò almeno mezz'ora!!

Per quanto riguarda i messaggi, potete continuare a spedirmeli sul mio numero italiano, visto che sui cellulari etiopici è stato annullato il servizio di messaggi dal caro presidente Meles, visto che agevolavano le insurrezioni.. e che a quanto pare sono sempre dietro l'angolo, ma non vi preoccupate, ho diversi angeli che mi proteggono dall'alto!!

Mi raccomando, poi, aspetto qualche vostro racconto "invernale".. per mantenere qualche contatto con la realtà occidentale!!

Baci color cioccolato a tutti..

Denné hunnù

G

PS. Avete visto che non scrivo spesso, ma quando lo faccio, lo faccio per bene!!